Amé Gorret: sacerdote, alpinista, ma soprattutto anticonformista, insofferente all’autorità, fosse essa esercitata o subita. Sono tante le cime e le valli valdostane che potrebbero raccontare qualcosa di questo strano parroco ottocentesco, mezzo prete e “mezzo orso”, attento osservatore degli uomini ed eremita misantropo, vicino a re Vittorio Emanuele e insieme lontanissimo da ogni concetto di obbedienza e comando. Figura contraddittoria e curiosa, in Amé Gorret si rispecchia non solo una storia personale ma la vicenda di un’intera regione, in quell’epoca preziosa di prime scalate, scoperte ed esplorazioni. Amé Gorret, l’orso della montagna ricostruisce in uno spettacolo teatrale la vita del parroco, muovendosi tra biografia ed episodi semileggendari, dondolando avanti e indietro nel tempo e passando continuamente di valle in valle, di cima in cima.
Novembre 1907. Ci troviamo a Saint Pierre, nella spoglia stanza che il vecchio Gorret occupa al priorato di Saint-Jacquême: vi è giunto dopo una vita avventurosa e raminga, perennemente esule tra le valli e le vette valdostane. Quella sera d’autunno, gelida e grigia, il sacerdote quasi cieco sente entrare nella sua camera una figura dal passo delicato. È una giovane donna, venuta – così dice lei – a mettere finalmente in ordine quella stanza più simile a una tana. L’incontro con la misteriosa visitatrice scatena in Gorret un flusso di ricordi, immagini e racconti che lo portano a ripercorrere quella che è stata la sua lunga vita, così densa e così scomoda per sé e gli altri. È un flusso di parole in cui i tempi e i luoghi si mescolano, passando dalla difficile infanzia contadina in alta montagna all’esilio nella remota parrocchia di Saint Jacques des Allemandes in Val d’Ayas: i personaggi prendono corpo sul palco ed ecco allora comparire sua maestà il re Vittorio Emanuele, la venerata regina Margherita, gli eroici primi scalatori delle vette alpine e del Cervino in particolare, i “nemici” inglesi e svizzeri, gli antichi montanari e i nuovi turisti della pianura. Uno spettacolo che diventa un viaggio nell’epopea di un mondo ormai sempre più lontano e nell’anima di un uomo straordinario.
Uno spettacolo di Francesco Toscani, regia Andrea Piazza, con Maria Canal e Emanuele Righi, luci e audio Simone Valmacco, un progetto di Monterosa Racconta in collaborazione con Compagnia teatrale della Civetta e Associazione 92db.